IMPLANTOLOGIA

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L’implantologia dentale oggi rappresenta una più che valida soluzione per la sostituzione dei denti mancanti.
Spesso è la terapia di elezione poiché garantisce affidabilità e sicurezza al paziente senza intaccare nessuno dei denti accanto.
Tuttavia si tratta comunque di un intervento che consiste nell’inserimento di un elemento esterno detto impianto, all’interno del nostro corpo e che quindi deve integrarsi alla perfezione. L’impianto dentale, infatti, si deve osteointegrare con l’osso mascellare o mandibolare sul quale viene impiantato. Per questo motivo deve essere costruito con un materiale biocompatibile che in questi casi è il titanio.
Oggi quasi tutti possono usufruire dell’implantologia. Ma devono prima essere valutate le condizioni generali del paziente per escludere la presenza di determinate patologie e condizioni particolari per evitare rischi di insuccesso. Vi sono infatti dei casi in cui non è possibile ricorrere alla terapia implantare come ad esempio quando non c’è sufficiente osso per inserire l’impianto.
In questi casi si può valutare di ricorrere alla rigenerazione ossea. Cioè la ricostruzione del tessuto osseo sul quale applicare gli impianti attraverso l’utilizzo di osso sintetico o di osso prelevato dallo stesso paziente. Alcune patologie sistemiche quali il diabete o alcuni stili di vita (accaniti fumatori) sono invece condizioni che rendono più problematico il successo dell’intervento.
I rischi in un intervento di implantologia che viene eseguito in anestesia locale sono tutti quelli legati ad un normale intervento chirurgico: sanguinamento post-operatorio, gonfiore, dolore. Il rigetto non esiste in implantologia. Non è nemmeno il termine adatto a spiegare il fallimento impiantare poiché rimanda ad una incapacità da parte del corpo del paziente ad accogliere l’impianto. In realtà è più corretto parlare di mancata guarigione.
Questa può essere ricondotta o ad un errore di valutazione dell’operatore nella tecnica o modalità di inserimento dell’impianto o ancora ad una mancata osservanza dei protocolli internazionali di sterilità, o ancora alla mancata collaborazione del paziente riguardo i rigidi controlli previsti dopo l’intervento.